Domanda

Siamo in fase di aggiudicazione dell’appalto e la commissione, valutato il progetto presentato dagli offerenti ed aperti i plichi delle offerte economiche, ha predisposto la graduatoria prevedendo l’assegnazione dell’appalto. Il RUP, in fase di verifica degli atti della procedura, ritiene che la proposta economica dell’aggiudicatario non risulti adeguata ritenendo – sulla base di dati raccolti durante alcune indagini di mercato svolte dalla stazione appaltante – che nel mercato sia possibile ottenere condizioni economiche migliori. Giunti a questa fase (sostanzialmente di aggiudicazione provvisoria) è possibile non procedere con l’aggiudicazione della gara e, soprattutto, a chi compete adottare eventuali atti di revoca del procedimento?

Risposta

La questione posta, peraltro abbastanza consueta, impone di rammentare che il procedimento di gara non ha come finalità fisiologica l’aggiudicazione visto che questa è solo eventuale. Del resto, così come il pregresso codice degli appalti, l’attuale codice dei contratti prevede, ora, nell’articolo 95 comma 12 che “le stazioni appaltanti possono decidere di non procedere all’aggiudicazione se nessuna offerta risulti conveniente o idonea in relazione all’oggetto del contratto. Tale facoltà è indicata espressamente nel bando di gara o nella lettera di invito”.

La fase del procedimento – secondo quanto indicato nel quesito – è quella dell’ex aggiudicazione provvisoria ora solo proposta di aggiudicazione, che pur non determinando autentici diritti soggettivi impone l’esigenza di tutelare l’aspettativa di chi si trova al primo posto della graduatoria di “merito”. Pertanto, eventuali decisioni di non proseguire con l’appalto deve essere adottata in buona fede e rispetto degli interessi coinvolti.

La “revoca” della proposta di aggiudicazione, di per sé, non esige particolari motivazioni ed in questo senso recentissima giurisprudenza (Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, sentenza n. 236/2018) ha ribadito che “l’unico limite alla possibilità di esercitare un potere di revoca della procedura di gara è costituito dall’avvenuta stipula del contratto (v. ad es. Cons. Stato Sez. V, 28 ottobre 2015, n. 4934 e Consiglio di Stato sez. III 29 luglio 2015 n. 3748), anche se, ovviamente, va tenuta distinta la fase anteriore all’aggiudicazione definitiva dalla sussistenza di quest’ultima, che è idonea a costituire un principio di affidamento in capo alla concorrente che ne sia destinataria, così che, una volta intervenuta l’aggiudicazione provvisoria non è richiesto un particolare onere motivazionale a sostegno della revoca del procedimento (v. ad es. T.A.R. Salerno, sez. I 04 dicembre 2015 n. 2544), mentre dopo l’aggiudicazione definitiva e prima della stipula del contratto, la revoca è pur sempre possibile, salvo un particolare e più aggravato onere di motivazione (sulla revocabilità dell’aggiudicazione provvisoria, vedasi ad es. Cons. Stato Sez. IV, 12 gennaio 2016, n. 67)” (cfr. Tar Lazio, 9543 del 2016)”.

Pertanto, la possibilità di non aggiudicare l’appalto – senza che sia necessario parlare di revoca vera e propria (sempre se si è in fase di sola proposta di aggiudicazione) – può ritenersi ammessa, a sommesso parere, anche se nel bando non sia stata espressamente rimarcata questa possibilità sempre che la stazione appaltante si comporti in perfetta buona fede.

La possibilità di non aggiudicare, quindi, può dipendere o dalla inadeguatezza dell’offerta, rilevata anche successivamente da parte del RUP che, in questo caso, dovrà però coinvolgere la commissione di gara procedendo ad una sua riconvocazione affinché si possa ri-esprimere (in tempi recentissimi, il Tar Lombardia, Brescia, sez. II, n. 906/2018)  oppure in relazione alla non convenienza economica.

In questo secondo caso, la competenza sulla “valutazione” è del RUP e del dirigente/responsabile del servizio.

Ben chiaro, si ripete, che la motivazione sulla mancata aggiudicazione per non convenienza economica dovrà essere chiarissima e reale (ad esempio confrontando i dati relativi ad una indagine di mercato espletata in tempi recenti, oppure anche attraverso il confronto con recenti aggiudicazioni di appalti di altre stazioni appaltanti e similari).

Ulteriore possibilità di non procedere con l’aggiudicazione è data dal caso di “ripensamento”, circostanza che può verificarsi se vengono meno quelle condizioni che hanno indotto la stazione appaltante a procedere con l’indizione della gara. Anche questa possibilità è di competenza del RUP e del dirigente/responsabile del servizio.

Si pensi al caso di un appalto di lavori che poi si ritengono non più necessari per sopravvenuti motivi tecnici.

Di recente il caso è stato anche trattato in giurisprudenza (sempre il Tar Abruzzo, Pescara, sez. I, sentenza n. 236/2018) in cui la decisione del dirigente responsabile del servizio di “non procedere all’aggiudicazione definitiva” di lavori è stata motivata per il fatto che sono stati “ritenuti più urgenti e improcrastinabili (…) lavori di risanamento sismico, (…) valutati come incompatibili con l’esecuzione contemporanea di quelli oggetto dell’appalto”. Evidentemente, si tratta di atti che devono essere adottati sempre in presenza di adeguate motivazioni e soprattutto in situazioni di correttezza/buona fede amministrativa da parte della stazione appaltante.

Sempre nella sentenza appena citata si puntualizza che “la scelta di non procedere all’aggiudicazione provvisoria non è tuttavia affatto parificata a un atto di autotutela ma è condivisibilmente considerato in giurisprudenza un evento del tutto fisiologico che non richiede un particolare onere motivazionale né una comparazione dell’interesse pubblico con quello privato né motivi di interesse pubblico particolarmente qualificati, essendo sufficiente che vi siano ragioni che “sconsiglino” di procedere all’aggiudicazione definitiva (cfr. Tar Lazio n. 14 del 2018)”.

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