Domanda

Allo stato attuale delle cose, è possibile prevedere che chi arriva in mobilità da un altro ente, acceda alla progressione orizzontale in maniera diversa rispetto ai dipendenti dell’ente?

Risposta

La questione è stata già affrontata dall’Aran in alcune risposte. In particolare, si fa riferimento agli orientamenti RAL_1388/2012 e RAL_284/2011 nei quali, per il caso del concorso pubblico, ma lo stesso può essere fatto valere per l’assunzione per mobilità, vengono chiariti alcuni elementi fondamentali inerenti l’istituto della progressione economica orizzontale. La selezione riguarda tutto il personale in servizio in possesso del requisito di un periodo minimo di permanenza nella posizione economica in godimento pari a ventiquattro mesi (o superiore se diversamente stabilito).

La verifica del possesso di tale requisito va effettuata con riferimento al momento in cui interviene l’atto formale iniziale (bando, avviso, ecc.) della procedura selettiva, calcolata tenendo conto della data in cui questa è stata effettivamente riconosciuta al lavoratore per effetto di precedente progressione economica orizzontale presso l’ente o presso un’altra pubblica amministrazione o anche per effetto di concorso pubblico o analoga procedura di assunzione.

Perciò vanno sempre acquisiti elementi conoscitivi relativi al personale transitato per mobilità, in ordine alla data di attribuzione della precedente progressione orizzontale, al fine di escludere eventuali posizioni privilegiate a dipendenti che hanno già beneficiato di progressioni e quindi che potrebbero vantare una permanenza nella posizione inferiore a 24 mesi (vedasi il contenuto del citato parere RAL 284/2011).

Di recente è intervenuta la sentenza della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione n. 16135/2018 che ha espresso il seguente principio in tema di trasferimento: l’anzianità di servizio, che di per sé non costituisce un diritto che il lavoratore possa far valere nei confronti del nuovo datore, deve essere salvaguardata in modo assoluto solo nei casi in cui alla stessa si correlino benefici economici e il mancato riconoscimento della pregressa anzianità possa comportare un peggioramento del trattamento retributivo in precedenza goduto dal lavoratore trasferito. L’anzianità pregressa, invece, non può essere fatta valere da quest’ultimo per rivendicare ricostruzioni di carriera sulla base della diversa disciplina applicabile al cessionario né può essere opposta al nuovo datore per ottenere un miglioramento della posizione giuridica ed economica, perché l’ordinamento garantisce solo la conservazione dei diritti, non delle aspettative, già entrati nel patrimonio del lavoratore alla data della cessione del contratto.

La richiesta era avanzata da alcuni dipendenti dell’Inail approdati nel 2010 all’istituto a seguito della soppressione della propria amministrazione di appartenenza, i quali erano stati esclusi dal bando di selezione per l’inquadramento a un superiore livello economico, in quanto non in possesso del requisito (richiesto dal bando medesimo) di trovarsi in servizio con contratto a tempo indeterminato alla data del 31.12.2009.

Secondo la Corte, la prosecuzione giuridica del rapporto di lavoro, infatti, se da un lato rende operante il divieto di reformatio in peius, dall’altro non fa venir meno la diversità fra le due fasi di svolgimento del rapporto medesimo, diversità che può essere valorizzata dal nuovo datore di lavoro, sempre che il trattamento differenziato non implichi la mortificazione di un diritto già acquisito dal lavoratore. Perciò, l’art. 2112 c.c. non legittima l’assoluta parificazione dei dipendenti trasferiti a quelli già in servizio presso il cessionario, né fa venir meno la diversità fra le due fasi dell’unitario rapporto.

Nella prassi, gli enti hanno assunto posizioni diverse.

In alcuni contratti decentrati è stato inserito anche un requisito minimo di permanenza nella categoria presso l’ente che indice la selezione (ad esempio 12 mesi). Ciò perché trattandosi di selezione basata sulla valutazione delle prestazioni, è evidente che una valutazione seria e corretta della prestazione di un lavoratore, debba riferirsi ad un arco temporale di un certo rilievo.

L’art. 16 del CCNL del 21.05.2018 ha ribadito il requisito minimo dei 24 mesi di permanenza nella posizione economica, ma ha introdotto la regola che le progressioni economiche sono attribuite in relazione alle risultanze della valutazione della performance individuale del triennio che precede l’anno in cui è adottata la decisione di attivazione dell’istituto. Gli enti dovranno valutare come considerare il triennio di riferimento per il personale assunto tramite mobilità; anche in questo caso individuando se e quanto valorizzare l’esperienza lavorativa maturata presso l’ente di provenienza (acquisendo le schede di valutazione individuali) rispetto a quello che effettua la progressione, che, si ricorda, è sempre da considerarsi un premio per i più meritevoli.

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