di Lisa Castellani e Paolo Lucchini
Con la risposta a interpello n. 115 del 17 aprile 2025, l’Agenzia delle Entrate torna a pronunciarsi in materia di esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva, soffermandosi sui limiti temporali e formali che ne condizionano la legittima fruizione.
Il caso sottoposto all’attenzione dell’Amministrazione riguarda una società che, nel 2023, ha ricevuto alcune fatture di acquisto con Iva detraibile, senza tuttavia procedere alla loro annotazione nei registri relativi a quell’anno. Le stesse non risultano nemmeno inserite nel sezionale riservato alle fatture dell’anno precedente registrate nel 2024, entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale. Ne è conseguita l’esclusione dell’imposta dalla dichiarazione Iva per il 2023.
L’istante ha quindi sostenuto di poter recuperare l’importo non detratto attraverso la presentazione di una dichiarazione integrativa “a favore” ex art. 8, comma 6-bis, Dpr 322/98.
L’Agenzia ha negato questa possibilità, richiamando il combinato disposto degli articoli 19 e 25 del Dpr 633/72, oltre a precedenti chiarimenti forniti nella circolare n. 1/2018 (per la verità di contenuto non perfettamente allineato alla posizione ora assunta) e nella risposta a interpello n. 479/2023.
Come noto, il diritto alla detrazione sorge con l’esigibilità dell’imposta e deve essere esercitato, al più tardi, con la dichiarazione annuale relativa al periodo in cui tale diritto è maturato. Secondo l’interpretazione offerta dell’Amministrazione la dichiarazione integrativa può essere utilizzata solo se la fattura è stata ricevuta e registrata nei termini di legge e l’omessa detrazione deriva da un mero errore.
In mancanza di registrazione, non si configura per l’Agenzia un errore “rilevante ed essenziale” che consenta la rettifica della dichiarazione, bensì una rinuncia definitiva all’esercizio del diritto.
In questa prospettiva, l’Iva non può essere più recuperata.
Inoltre, l’omessa registrazione è sanzionata ai sensi dell’art. 6, comma 1, DLgs. 471/97, nella misura del 70% dell’imposta (con un minimo di 300 euro) qualora la violazione incida sulla liquidazione, ovvero in misura fissa da 250 a 2.000 euro se l’omissione non ha avuto effetti sostanziali. La violazione resta comunque suscettibile di ravvedimento operoso ai sensi dell’art. 13 DLgs. 472/97.
L’impostazione adottata solleva dubbi significativi.
È davvero da escludere che l’omessa registrazione di una fattura di acquisto per l’intero anno possa essere frutto di una semplice svista, anziché una scelta consapevole di rinunciare all’esercizio del diritto alla detrazione dell’Iva?
Va ricordato inoltre che, ai sensi dell’art. 25 Dor 633/1972, la registrazione della fattura sembrerebbe costituire un adempimento funzionale all’esercizio del diritto alla detrazione, e non un obbligo autonomo.
Se il contribuente sceglie di non esercitare tale diritto o se ne dimentica, omettendo la registrazione, quale danno subisce l’Erario, considerato che l’Iva resta comunque a carico del soggetto passivo?
In attesa di conoscere gli orientamenti della giurisprudenza in merito, la risposta n. 115/2025 richiama comunque l’importanza, anche per gli Enti locali, di adempiere con puntualità e precisione agli obblighi di registrazione delle fatture di acquisto relative all’attività commerciale.
Infatti, anche in presenza dei requisiti sostanziali per la detrazione dell’Iva – ovvero l’effettuazione di acquisti imponibili da parte del soggetto passivo, destinati a operazioni anch’esse imponibili (cfr. CGUE, 28 luglio 2016, causa C-332/15) – il mancato rispetto dei termini procedurali potrebbe comportare la perdita definitiva del diritto.
Pubblicato su EL News il 30/05/2025
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