Dal 2025 i comuni “virtuosi” hanno maggiori possibilità di assumere personale

di Monica Catellani

La Corte dei Conti, sezione regionale Veneto, con la deliberazione n.180/2025/PAR del 24 settembre 2025, ha esaminato il seguente quesito:

“Alla luce della normativa vigente si chiede se un ente virtuoso ai sensi dei parametri di cui al D.M. del 17 marzo 2020 attuativo del d.l. n. 34/2019, la cui prima attuazione è scaduta al 31.12.2024 e non è stata adottata una proroga, possa procedere ad assumere personale dipendente in deroga ai vincoli di cui all’art. 1 comma 557quater della l. 296/2006 qualora:

(i) il bilancio sia in grado di assicurare la piena copertura alle assunzioni previste nella relativa sezione del PIAO ‘Organizzazione e capitale umano’;

(ii) il limite 2011-2013, ove considerato, determinerebbe una situazione di perenne sotto-organicità dell’ente comunale, oltre che generare e mantenere disparità rispetto ad altri Comuni;

(iii) non vi sarebbero pregiudizi alla finanza pubblica, atteso che le assunzioni in deroga garantirebbero un miglioramento dei servizi resi alla cittadinanza”.

La sezione, dopo aver ricostruito il quadro normativo di riferimento, ha espresso il parere nei seguenti termini:

  • la conclusione del periodo di prima applicazione del decreto (art. 5 del d.m. 17 marzo 2020) comporta l’entrata a regime della disposizione recata dall’art. 4, comma 2, che consente ai comuni sottosoglia di “incrementare la spesa di personale registrata nell’ultimo rendiconto approvato” fino al valore soglia;
  • l’art. 5 (regime transitorio fino al 31 dicembre 2024) si riferisce, infatti, alla spesa di personale registrata nel 2018 (ossia alla rendicontazione più prossima a quella di emanazione del decreto attuativo), a cui vanno applicate le percentuali di incremento consentite dalla Tabella 2; terminato, quindi, il regime transitorio, gli enti virtuosi avranno a riferimento “l’ultimo rendiconto approvato” e non più il rendiconto del 2018, applicando il parametro di incidenza percentuale stabilito dalla Tabella 1 o, eventualmente, dalle tabelle di aggiornamento approvate ogni 5 anni;
  • la diversità del metodo di calcolo tra le due disposizioni è di tutta evidenza: l’art. 4 fissa, al primo comma, i valori soglia (l’incidenza massima della spesa di personale rispetto alla media delle entrate correnti) e al secondo comma le modalità di incremento della spesa di personale fino a raggiungere il valore soglia di incidenza sulle entrate correnti; diversamente, l’art. 5, che ha inteso regolare in modo più graduale la crescita della spesa di personale nei primi cinque anni di applicazione del decreto, prevede che gli incrementi della spesa di personale (rispetto al livello registrato nel 2018) non possono essere superiori al valore percentuale indicato dalla Tabella 2, secondo una tecnica di incremento percentuale di spesa che si connota in termini di “scostamento” rispetto alla spesa del 2018 (a differenza di quella utilizzata dall’art. 4 per il regime ordinario, che si connota in termini di “rapporto” tra spesa complessiva ed entrate correnti);
  • ciò comporta, per i comuni che nel 2025 presentano un rapporto spesa di personale/entrate correnti inferiore al valore soglia della propria fascia demografica, la possibilità di incrementare discrezionalmente la spesa di personale (rispetto all’ultimo rendiconto approvato) fino a raggiungere il valore soglia stesso (senza più le limitazioni percentuali annuali previgenti), disponendo così della piena capacità assunzionale consentita dal proprio valore soglia, purché la spesa complessiva di personale permanga entro la percentuale massima fissata per la rispettiva classe demografica, unitamente all’equilibrio finanziario pluriennale certificato (che rimane un requisito indefettibile per esercitare appieno la capacità assunzionale);
  • invece, i comuni collocati al di sopra del valore soglia devono avere attuato la riduzione programmata ed, entro il 2025, ricondotto il rapporto sotto la soglia; qualora ciò non sia avvenuto, si applica, comunque, un regime di turn-over forzatamente ridotto (30%) fino al conseguimento del rientro;
  • i comuni in fascia intermedia, infine, permangono nell’obbligo di non incrementare il proprio rapporto spesa/entrate, salvo poterlo migliorare in caso di incremento delle entrate;
  • per quel che riguarda il rapporto tra la disciplina assunzionale appena ricostruita ed il regime vincolistico stabilito dall’art. 1, commi 557-quater e 562, della legge 296/2006, viene in rilievo l’art. 7, comma 1, del d.m. 17 marzo 2020, che prevede che “la maggior spesa per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivante da quanto previsto dagli artt. 4 e 5 non rileva ai fini del rispetto del limite di spesa…” sopra menzionato;
  • l’eccezione espressa prevista dal decreto attuativo, che consente di neutralizzare tale voce di spesa, evidentemente, si giustifica per l’esigenza di preservare l’effettiva assunzione di personale a tempo indeterminato, in un contesto di “sostenibilità finanziaria” che mira a favorire “l’accelerazione degli investimenti pubblici, con particolare riferimento a quelli in materia di mitigazione del rischio idrogeologico, ambientale, manutenzione di scuole e strade, opere infrastrutturali, edilizia sanitaria e agli altri programmi previsti dalla legge 30 dicembre 2018, n. 145” (così l’art. 33, comma 1, del d.l. 34/2019);
  • la natura cogente del parametro “storico” (riferito al 2008 o al triennio 2011-2013) non viene inficiata dalla esclusione della spesa tipizzata dal d.l. 34/2019, laddove il Legislatore, con tale esclusione, ha invece inteso premiare gli enti “virtuosi” consentendo loro una capacità assunzionale puntualmente determinata entro specifici ambiti di effettiva sostenibilità finanziaria;
  • ciò in considerazione della finalità stessa della vigente disciplina in materia di riduzione della spesa di personale, il cui sistema non può risultare oltremodo penalizzante per enti autorizzati ad assumere nell’ambito di un compiuto progetto di riforma, vanificando, altrimenti, gli obiettivi stessi della riforma (sul punto, cfr. Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 16/SEZAUT/2016/QMIG, in particolare punto 11, pag. 25);
  • per ragioni legate alla neutralità finanziaria della maggior spesa sostenuta per assunzioni di personale a tempo indeterminato derivanti dall’esercizio delle facoltà assunzionali di cui all’art. 4 del d.m. 17 marzo 2020, ne è prevista, dunque, l’esclusione dal calcolo per la verifica della spesa di personale ai fini del rispetto del vincolo di contenimento della spesa di cui ai commi 557-quater e 562, della legge 296/2006;
  • l’indicata normativa deve trovare, infatti, adeguato contemperamento con la disciplina successivamente introdotta dal citato d.l. 34/2019, mediante un meccanismo di sterilizzazione dell’impatto della maggior spesa rispetto all’aggregato di spesa storica (in ordine alle modalità di coordinamento sistematico tra le disposizioni in questione, cfr. Sezione delle Autonomie, deliberazione n. 19/SEZAUT/2024/QMIG).

Quindi, i magistrati contabili sono pervenuti alle seguenti conclusioni:

“deve ritenersi che il d.m. 17 marzo 2020 sia pienamente vigente, atteso che a decorrere dal 1° gennaio 2025 è venuta meno solo l’efficacia dell’art. 5 e della relativa Tabella 2, sicché la maggior spesa effettivamente sostenuta per nuove assunzioni di personale a tempo indeterminato, secondo il dettato degli artt. 4 e 7 del citato decreto, non rileva ai fini del calcolo per la verifica del rispetto dei vincoli assunzionali di cui all’ art. 1, commi 557-quater e 562, della legge n. 296/2006, nei limiti in cui la spesa complessiva di personale, rapportata alla media delle entrate correnti relative agli ultimi tre rendiconti approvati, non risulti superiore al valore soglia di incidenza stabilito per fascia demografica dalla Tabella 1 dell’art. 4, ferma restando la coerenza delle nuove assunzioni con i piani triennali dei fabbisogni di personale e il rispetto pluriennale dell’equilibrio di bilancio asseverato dall’organo di revisione”.

Pubblicato su EL News il 06/10/2025

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