di Lisa Castellani e Paolo Lucchini
La recente risposta a interpello n. 287/2025 consente di tornare su un tema centrale nella gestione dei servizi formativi anche per gli enti locali: l’ambito applicativo dell’esenzione IVA prevista dall’art. 10, comma 1, n. 20), del DPR 633/1972.
Tale disposizione, di recepimento dell’art. 132, par. 1 lett. i), della Direttiva 2006/112/CE, esenta dall’imposta le prestazioni educative e didattiche di ogni genere, incluse quelle di formazione, aggiornamento, riqualificazione e riconversione professionale, a condizione che siano rese da istituti o scuole riconosciuti da pubbliche amministrazioni.
L’esenzione opera quindi solo se coesistono due elementi:
- la natura intrinsecamente educativa/didattica dell’attività (requisito oggettivo);
- il riconoscimento pubblico del soggetto che la eroga (requisito soggettivo).
Proprio quest’ultimo (requisito soggettivo) costituisce da anni il punto più problematico, soprattutto dopo l’abbandono della precedente procedura formale della “presa d’atto”.
L’Agenzia, con propri documenti di prassi (cfr. ris. 134/2005, risposta interpello n. 750/2021), ha chiarito che il riconoscimento deve riguardare l’idoneità dell’ente a svolgere attività didattica con caratteristiche analoghe a quelle di organismi di diritto pubblico.
La circolare 22/E/2008 ha ammesso inoltre che il riconoscimento possa avvenire anche “per atto concludente”, cioè tramite approvazione e finanziamento dell’ente pubblico stesso. “Nel finanziamento della gestione e dello svolgimento del progetto educativo e didattico è insita, infatti, l’attività di controllo e di vigilanza da parte dell’ente pubblico avente ad oggetto i requisiti soggettivi e la rispondenza dell’attività resa agli obiettivi formativi di interesse pubblico che l’ente è preposto a tutelare.”
L’esenzione resta però confinata alle sole attività didattiche approvate e finanziate, senza estendersi all’intera attività del soggetto erogatore.
Nel caso esaminato nell’interpello 287, un’impresa individuale che eroga corsi di lingua riteneva che il finanziamento “Resto al Sud” (disciplinato dal DL 91/2017) potesse integrare il riconoscimento richiesto dalla norma, in quanto risultato di una selezione operata dall’ente gestore.
L’Agenzia ha escluso la correttezza di tale interpretazione: il finanziamento non riguarda un progetto formativo né comporta alcuna valutazione sulla qualità dell’offerta didattica. Si tratta, al contrario, di una misura rivolta a sostenere l’avvio e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali e professionali in specifiche aree del Paese, previa verifica del possesso di determinati requisiti soggettivi e del business plan presentato.
L’istruttoria del bando si limita dunque ad accertare la sostenibilità economico-finanziaria dell’attività proposta, senza instaurare alcun collegamento con i contenuti didattici né con il controllo pubblico che caratterizza il riconoscimento rilevante ai fini dell’art. 10, n. 20). L’operatore non può quindi beneficiare dell’esenzione IVA.
Per gli enti locali, la pronuncia rappresenta un utile chiarimento operativo: conferma che il trattamento IVA dei servizi formativi non può essere ricondotto automaticamente a forme di finanziamento pubblico prive di finalità didattiche specifiche.
Si conferma inoltre, indirettamente, la distinzione rispetto al diverso regime previsto dall’art. 14, comma 10, L. 537/1993 (sul tema si veda l’articolo di El News, Supervisione esternalizzata: quando si applica l’esenzione IVA?, 1 agosto 2025).
Pubblicato su EL News il 14/11/2025
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