Accantonamenti di bilancio: il necessario equilibrio fra congruità e prudenza

di Marco Terzi

Con una recente pronuncia della Sezione per la Sardegna, la Corte dei conti ha fatto un interessante disamina sulla natura e finalità degli accantonamenti di bilancio. L’occasione, come sempre, viene dalla verifica dei questionari dell’organo di revisione di un comune resi ai sensi della legge n. 266/2005. In particolare l’ente in esame non aveva previsto alcun accantonamento nel risultato di amministrazione a titolo di fondo contenzioso. Dopo aver rammentato la necessità di una costante ricognizione ed aggiornamento del contenzioso formatosi quale condizione per la corretta quantificazione del relativo fondo, la Corte ha ricordato le finalità degli accantonamenti di bilancio, sia in sede preventiva che consuntiva.

In particolare, i magistrati sardi hanno rammentato che “(…) nell’ordinamento contabile armonizzato, al fine di assicurare l’equilibrio duraturo dei bilanci e la sostenibilità del debito degli enti locali e territoriali è stato costruito un sistema contabile che, mutuando istituti propri della contabilità economico patrimoniale, prevede la necessaria imputazione e valorizzazione, secondo regole predeterminate, di “accantonamenti” e di “fondi””. Questi, sia nel bilancio di previsione che nel risultato d’amministrazione (analogamente a quanto accade nella contabilità civilistica, con gli accantonamenti in conto economico ed i fondi nel passivo dello stato patrimoniale) “(…) contribuiscono a mantenere, nel tempo, un simmetrico bilanciamento tra risorse disponibili e spese necessarie per il perseguimento delle finalità istituzionali. I fondi e gli accantonamenti costituiscono, infatti, uno strumento contabile preordinato a garantire gli equilibri di bilancio attraverso la preventiva sterilizzazione di una certa quantità di risorse, atte a bilanciare eventuali future sopravvenienze passive”. La loro quantificazione, tuttavia, deve essere congrua per due ragioni. Da un lato è necessario garantire un’adeguata copertura del rischio sottostante; dall’altro, è doveroso evitare che lo stanziamento accantonato non sottragga alla gestione risorse in misura superiore al necessario, irrigidendola impropriamente. Il ragionamento dei magistrati sardi può essere esteso per analogia a tutti gli accantonamenti di bilancio, a partire dal fondo crediti di dubbia esigibilità, che ne costituisce la componente principale.

Quello che chiede la Corte, in sostanza, è di individuare il necessario equilibrio fra il principio della congruità e quello della prudenza. Il primo, lo ricordiamo, consiste nella verifica dell’adeguatezza dei mezzi disponibili rispetto ai fini stabiliti. Il secondo, invece, da applicarsi a tutti i documenti contabili dell’ente, è elemento fondamentale del processo formativo delle valutazioni in essi presenti. I suoi eccessi devono però essere evitati in quanto pregiudizievoli al rispetto della rappresentazione veritiera e corretta delle scelte programmatiche e degli andamenti effettivi della gestione e quindi tali da rendere il sistema di bilancio inattendibile. Esso non deve condurre all’arbitraria e immotivata riduzione delle previsioni di entrata, dei proventi e delle valutazioni del patrimonio dell’ente, bensì esprimere qualità di giudizi a cui deve informarsi un procedimento valutativo e di formazione dei documenti del sistema di bilancio che risulti veritiero e corretto.

Qui il testo completo della deliberazione n. 87/2025/PRSE della Corte dei conti, Sezione Sardegna

Pubblicato su EL News il 30/05/2025

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