Il congedo per le donne vittime di violenza nel ccnl del comparto funzioni locali

Consuelo Ziggiotto e Salvatore Cicala

1. Introduzione

L’emergenza sanitaria legata al COVID-19, ci ha visto attori e spettatori di un evento senza precedenti nell’esperienza comune. La velocità di diffusione del virus e il bisogno di contenimento del contagio, hanno condotto ad una serie di misure restrittive della libertà, realizzando il distanziamento sociale necessario alla frenata dell’epidemia.

Sembra quasi paradossale, ed invero lo è, che limitazioni alla libera circolazione nel territorio nazionale, rivolte alla primaria tutela della salute pubblica e dei cittadini, mostrino e abbiano mostrato un rovescio della medaglia che ha visto maggiormente messa a rischio l’incolumità delle donne fra le mura di casa.

Quelle mura che dovrebbero contenere e proteggere ma che troppo spesso nascondono un fenomeno taciuto, di violenze domestiche, che in questi mesi, proprio a causa dell’epidemia, o solo come riflesso della stessa, ha mostrato un numero crescente di richieste di aiuto.

I dati pubblicati a fine aprile dal dipartimento delle pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, mostrano per i mesi di marzo e aprile 2020 una crescita importante delle telefonate e dei contatti per segnalare episodi di violenza, rispetto alle richieste arrivate negli stessi mesi dell’anno precedente.

Ecco perché abbiamo ritenuto di voler contribuire al bisogno di agire in direzione inversa del silenzio, dedicandoci ad un approfondimento legato ad uno strumento giuridico relativamente nuovo, introdotto dal nuovo CCNL del comparto Funzioni Locali del 21 maggio 2018, che merita di essere conosciuto in relazione alle potenzialità e ai benefici che può realizzare: il congedo per le donne vittime di violenza.

L’intento è quello non solo di illustrare le caratteristiche dell’istituto e le novità introdotte dal nuovo CCNL sull’argomento, ma anche, di promuoverne la sua conoscenza.

Come ha avuto modo di precisare l’ex presidente dell’INPS, Tito Boeri ,il congedo in questione ha uno scarso utilizzo rispetto alla portata del fenomeno e ciò “è il segno che molte donne non sono consapevoli di poter godere di questo diritto”.

 

2. La disciplina normativa.

Il congedo in favore di donne vittime di violenza di genere è stato disciplinato per la prima volta nel nostro ordinamento con l’articolo 24 del decreto legislativo n. 80 del 15 giugno 2015.

Tale istituto serve in sostanza a consentire alle vittime di avere del tempo per recuperare o gestire l’impatto che la violenza ha avuto sotto molteplici punti di vista: relazionale, fisico, psicologico, sociale, culturale ed economico.

Il congedo in argomento è stato previsto, in via sperimentale, per l’anno 2015, in forza dell’articolo 43 del decreto legislativo n. 148 del 14 settembre 2015, la misura è stata estesa anche per gli anni successivi, salve eventuali rideterminazioni da parte dei Ministeri vigilanti.

 

2.1. Ambito di applicazione e presupposti dell’istituto.

Il comma 1 dell’articolo 24 del d.lgs. n. 80/2015 stabilisce che hanno diritto al congedo per violenza di genere le lavoratrici dipendenti del settore pubblico o privato che siano inserite nei percorsi certificati dai servizi sociali del Comune di appartenenza, dai centri antiviolenza o dalle case rifugio di cui all’articolo 5-bis, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito, con modificazioni dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119.

Dunque, in sintesi, le condizioni che legittimano la concessione del congedo sono le seguenti:

  • la richiedente deve essere titolare di un rapporto di lavoro subordinato, anche se con orario part time o a tempo determinato (si rammenta che per effetto di quanto previsto al successivo comma 2 dell’articolo 24 il congedo in questione è esteso anche alle lavoratici titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa le quali, però, hanno diritto alla sospensione del rapporto contrattuale per un massimo di tre mesi ma senza retribuzione);
  • la stessa richiedente sia inserita in un percorso per donne vittime di violenza di genere come da certificato dei servizi sociali comunali o dai centri antiviolenza o da una casa rifugio.

In presenza di tali presupposti la dipendente “ha il diritto di astenersi dal lavoro per motivi connessi al suddetto percorso di protezione per un periodo massimo di tre mesi”.

La formulazione utilizzata dal legislatore “… ha il diritto …” configura in capo alla dipendente un vero e proprio diritto soggettivo, per il quale il congedo spetta alla dipendente di diritto e non è subordinato, ai fini dell’accoglimento, alla discrezionalità del datore di lavoro pubblico o alle esigenze organizzative e funzionali dell’amministrazione.

 

2.2 Modalità di fruizione e il rinvio alla contrattazione collettiva.

Come ricordato nel paragrafo precedente la durata massima del congedo è di tre mesi.

L’INPS, con circolare n. 65 del 15 aprile 2016, ha chiarito che i tre mesi sono equivalenti a 90 giornate di prevista attività lavorativa; di conseguenza, un mese di congedo equivale a 30 giornate di astensione effettiva dal lavoro.

L’Istituto precisa, inoltre, che il congedo non è fruibile né indennizzabile nei giorni in cui non vi è obbligo di prestare attività lavorativa quali, ad esempio, giorni festivi non lavorativi, periodi di aspettativa o di sospensione dell’attività lavorativa, pause contrattuali nei rapporti di lavoro a tempo parziale di tipo verticale o misto.

Ai sensi di quanto previsto dal comma 5 dell’articolo 24 del d.lgs. n. 80/2015 i tre mesi di congedo possono essere fruiti entro l’arco temporale di tre anni.

Circa le modalità di godimento del congedo, il decreto rimette alla successiva contrattazione collettiva il compito di determinarle, specificando però che potrà essere goduto su base oraria o giornaliera e, nel primo caso, comunque per un numero di ore giornaliere non superiore alla metà dell’orario di lavoro.

Pertanto:

  • in assenza di contrattazione la lavoratrice può scegliere tra la modalità giornaliera e quella oraria;
  • se la contrattazione prevede una delle due modalità (oraria o giornaliera), il congedo è fruibile nelle modalità indicate. Se è prevista la fruizione in modalità oraria, questa è consentita solo in base al criterio generale previsto al comma 5 dell’articolo 24 citato, ossia per un numero di ore pari alla metà dell’orario medio giornaliero (contrattuale).

 

2.3 Gli adempimenti della lavoratrice.

Il comma 3 dell’articolo 24 del d.lgs. 80/2015 stabilisce che per fruire del congedo in esame la lavoratrice è tenuta:

  • a preavvisare il datore di lavoro almeno 7 giorni prima dell’inizio del congedo, salvi casi di oggettiva impossibilità;
  • ad indicare al datore di lavoro l’inizio e la fine del periodo di congedo;
  • a consegnare al datore di lavoro la certificazione relativa al percorso di protezione.

La finalità del preavviso è quello di anticipare al datore di lavoro l’imminente necessità della dipendente di fruizione del congedo stesso in modo tale da consentire una più efficiente organizzazione del lavoro.

Il termine “oggettiva impossibilità” di preavvisare, anche se la norma non lo dice, farebbe supporre che tale condizione debba emergere dalla tipologia di percorso cui la lavoratrice accede, rappresentata e certificata dalle medesime strutture in cui il percorso “antiviolenza” viene attivato.

Anche se mancano chiarimenti, tale impossibilità oggettiva non può essere autocertificata dalla stessa richiedente il congedo.

 

2.4 La concessione del part time.

Ultima forma di tutela a favore delle lavoratrici di cui sopra è prevista dal comma 6 dell’articolo 24 del decreto in esame che riconosce loro la possibilità di richiedere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale (orizzontale o verticale), “ove vi siano posti disponibili in organico”, mantenendo il diritto a tornare al tempo pieno su sua richiesta.

Si segnala che il diritto ad ottenere un part-time è definito a prescindere dal fatto di avere, o meno, già fruito del congedo.

La formulazione della trasformazione in tempo parziale può dunque essere praticata sia da quelle lavoratrici che decidono di non fruire (magari per il momento) di un qualche periodo di congedo, sia in favore di coloro che già ne abbiano fruito, parzialmente o anche per l’intero periodo massimo previsto. La sola condizione richiesta dalla norma, con riferimento alle lavoratrici è il fatto di dover certificare al datore di lavoro la permanenza dei requisiti utili a beneficiare della flessibilità, ovvero di essere inserite in percorsi di protezione (Gottardi Donata Maria, “La conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro: il rinnovato T.U. n. 151/2001 ai sensi del d.lgs. n. 80/2015”, G. Giappicchelli editore, 2016, pag. 144).

 

3. La disciplina contrattuale.

La disciplina dei congedi per le donne vittime di violenza rappresenta è una novità assoluta per la contrattazione nazionale di comparto, la quale viene in parte mutuata dall’articolo 24 del d.lgs. n. 80/2015.

Nel comma 1 viene precisato che il congedo per le donne vittime di violenza è concesso alle dipendenti che sono inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere e che lo stesso si sostanzia in un’astensione dal lavoro, finalizzata ad attuare tali percorsi di protezione, per un periodo massimo di congedo di 90 giorni lavorativi, da fruire nell’arco temporale di tre anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione.

In linea con quanto previsto dall’articolo 24, comma 3, del d.lgs. n. 80/2015, salvo i casi di oggettiva impossibilità, la dipendente che intenda fruire del congedo in parola è tenuta a farne richiesta scritta al datore di lavoro – corredata della certificazione attestante l’inserimento nel percorso di protezione – con un preavviso non inferiore a sette giorni di calendario e con l’indicazione dell’inizio e della fine del relativo periodo (comma 2).

Il successivo comma 5 prevede che la lavoratrice può scegliere di fruire del congedo su base giornaliera od oraria, in tale ultimo caso, la relativa fruizione deve avvenire in misura pari alla metà dell’orario medio giornaliero del mese immediatamente precedente a quello in cui ha inizio il congedo stesso.

Per quanto riguarda il trattamento economico spettante in tali casi, in linea con quanto previsto dall’articolo 24, comma 4, del d.lgs. n. 80/2015, viene precisato che alla dipendente è corrisposto il trattamento economico previsto per il congedo di maternità di cui all’articolo 43 del CCNL del 21/5/2018 (comma 3).

Pertanto, la dipendente ha diritto all’intera retribuzione fissa mensile, inclusi i ratei di tredicesima ove maturati, le voci del trattamento accessorio fisse e ricorrenti, nonché i premi collegati alla performance secondo i criteri previsti dalla contrattazione integrativa ed in relazione all’effettivo apporto partecipativo della dipendente, con esclusione dei compensi per lavoro straordinario e delle indennità per prestazioni disagiate, pericolose o dannose per la salute.

Inoltre come precisato nel comma 4, dell’articolo 34, del CCNL del 21/5/2018 i periodi di congedo sono computati ai fini dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti, non riducono la misura delle ferie ed è utile ai fini della tredicesima mensilità.

Come ulteriore forma di tutela, il comma 6 riporta la previsione secondo cui la dipendente ha diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale, con la possibilità di ritornare a tempo pieno, su richiesta della lavoratrice stessa.

Avendo previsto il comma 6 dell’articolo 24, del d.lgs. n. 80/2015 la locuzione “ove disponibili in organico”, riteniamo che la concessione debba essere coordinata alle limitazioni previste all’articolo 53, commi 2 e 8, del CCNL del 21/5/2018 in ordine alla concessione dei rapporti a tempo parziale.

Nell’ambito delle misure di protezione, il comma 7, riprendendo una ulteriore norma di miglior favore prevista dall’articolo 14, comma 6, della legge 7 agosto 2015, n. 124 (Cicala Salvatore, “Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle Amministrazioni pubbliche. Commento dell’articolo 14 della legge 7 agosto 2015, n. 124”, Personale News, n. 18/2015, pp. 21-23;), in base alla quale la lavoratrice in esame, può presentare domanda di trasferimento ad altra amministrazione pubblica ubicata in un comune diverso da quello di residenza, previa comunicazione all’Ente di appartenenza, che, entro quindici giorni dalla suddetta comunicazione, è tenuto a disporre il trasferimento presso l’amministrazione indicata dalla lavoratrice, ove vi siano posti vacanti corrispondenti alla sua categoria.

Infine, con il comma 8 viene prevista, come ulteriore tutela per le suddette dipendenti, la possibilità di fruire dell’aspettativa per motivi personali e familiari per un periodo di ulteriori trenta giorni.

In tale ipotesi, in considerazione della peculiarità della situazione, gli Enti, ove non ostino specifiche esigenze di servizio, sono tenuti ad agevolare la concessione dell’aspettativa stessa anche in deroga alle previsioni dell’articolo 42, comma 1, del CCNL del 21/5/2018.

 

4. Aspetti previdenziali e fiscali.

Come evidenziato nel paragrafo precedente, il comma 3 dell’articolo 43 del CCNL del 21/5/2018 stabilisce che la dipendente durante il periodo di fruizione del congedo in questione percepisce lo stesso trattamento economico della maternità.

Pertanto, le somme corrisposte durante il predetto periodo sono imponibili ai fini del trattamento pensionistico e della gestione unitaria delle prestazioni creditizie e sociali (Fondo credito).

I periodi di sospensione sono utili ai fini del trattamento di fine servizio (TFR/TFS) e, pertanto, il trattamento economico corrisposto è imponibile ai fini della gestione INADEL, in funzione delle voci di riferimento utilizzate per determinare il calcolo del trattamento economico spettante.

L’INPS, con circolare n. 65 del 15 aprile 2016, ha fornito le seguenti istruzioni operative per la compilazione del flusso UNIEMENS – ListaPosPA – nel caso di utilizzo del congedo in questione:

“… la lavoratrice ha usufruito di uno o più periodi di congedo l’elemento E0 con tipo servizio 4 “servizio ordinario” deve indicare il periodo del mese solare, senza soluzione di continuità, utile ai fini del diritto e della misura della pensione, comprensivo anche del congedo fruito e del trattamento economico corrisposto.

Per i mesi in cui il lavoratore fruisce dei congedi si dovrà elaborare un quadro V1, causale 7, codice motivo utilizzo 11 “Assenza retribuita” valorizzando gli elementi <GiornoInizio> <GiornoFine> in riferimento al mese solare in cui si sono verificati gli eventi e l’elemento <PercRetribuzione> con il numero complessivo di giorni fruiti nel mese solare. Un giorno corrisponde al valore 1000.

Nel caso in cui il congedo sia fruito in modalità oraria (in tale ipotesi il numero di ore fruibili corrisponde alla metà del numero di ore dell’orario medio giornaliero dell’ultimo mese retribuito immediatamente precedente a quello in cui si utilizza il congedo) il valore da indicare nell’elemento <PercRetribuzione> deve essere espresso in giorni o frazioni. Ad esempio, nel caso in cui l’orario medio giornaliero del mese di riferimento sia di 6 ore e la dipendente usufruisca nel mese di 15 ore complessive di congedo, nell’elemento <PercRetribuzione> dovrà essere indicato il valore 2500 (numero ore congedo usufruito nel mese/orario medio giornaliero x 1000).

Analogamente ne caso in cui l’orario medio giornaliero del mese di riferimento sia di ore 7.12 (7,20) e la dipendente usufruisca nel mese di ore 10.48 minuti (ore 10,80) complessive di congedo, nell’elemento <PercRetribuzione> dovrà essere indicato il valore 1500 (numero ore congedo usufruito nel mese/orario medio giornaliero x 1000).

Si ricorda che il <GiornoInizio> e il <GiornoFine> del quadro V1, causale 7, codice motivo utilizzo 11 “Assenza retribuita” elaborato per denunciare gli eventi in esame devono coincidere, rispettivamente, con il <GiornoInizio> e il <GiornoFine> dell’elemento E0 ovvero, nel caso di più elementi E0, senza soluzione di continuità con il <GiornoInizio> del primo elemento E0 e con il <GiornoFine> dell’ultimo quadro E0.

Nel caso in cui lo stesso tipo di evento si sia verificato in più periodi non continuativi nell’ambito dello stesso mese solare, dovrà essere elaborato un unico quadro V1 indicando nell’elemento <PercRetribuzione> il numero di giorni complessivi o frazioni di congedo, esprimendo tale valore in millesimi (1 giorno=1000).

Si precisa che nel caso in cui nel mese solare ci sia un periodo non utile ai fini del diritto e della misura della pensione, il periodo indicato nel quadro V1, causale 7, CMU 11, non deve incidere su tale periodo. In questo caso dovranno essere elaborati uno più elementi V1, casuale 7, CMU 11 che non comprendano il periodo non utile ai fini del diritto e della misura della pensione. Nei quadri V1, causale 7, codice motivo utilizzo 11 “Assenza retribuita” si dovrà indicare, il tipo servizio 77 “Congedo art. 24 d. lgs. 80/2015 su base giornaliera” ovvero 78 “Congedo art. 24 d. lgs. 80/2015 su base oraria” nel caso di congedo fruito rispettivamente su base giornaliera od oraria. Negli elementi <Imponibile> e <contributo> delle gestioni di riferimento della dipendente devono essere indicati rispettivamente, la quota imponibile della retribuzione erogata per il congedo e il contributo corrispondente alla retribuzione imponibile.

Si evidenzia che i dati indicati nell’elemento V1, causale 7, codice motivo utilizzo 11, non alimentano l’estratto conto dell’amministrazione (ECA), in quanto già compresi nell’elemento E0 relativo al mese in cui è stato usufruito il congedo.

I dati indicati nei quadri V1, causale 7, codice motivo utilizzo 11 “Assenza retribuita” saranno utilizzati per monitorare i periodi e i trattamenti economici erogati agli iscritti alla casse pensionistiche della Gestione Pubblica”.

Infine, riteniamo che le somme corrisposte durante il periodo del congedo in esame sono assoggettate a contribuzione fiscale (IRAP e IRPEF) e assistenziale (INAIL) e che il periodo di congedo non riduce eventuali detrazioni fiscali e/o assegni al nucleo famigliare corrisposti alla dipendente.

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