Modifica al codice delle pari opportunità: legge n. 162 del 05/11/2021

Di Cristina Bortoletto

 

1. Premessa

Con legge n. 162 del 05.11.2021, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 275 del 18.11.2021, sono state apportate alcune modifiche al codice di cui al decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198 in materia di pari opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo.

Le novità in vigore dal 3 dicembre 2021 dirette a ridurre il gap di genere nel mondo del lavoro, riguardano anche le pubbliche amministrazioni.

 

2. Le modifiche all’art. 25 del d.lgs. n. 198/2006

Le modifiche d’interesse riguardano l’art. 25:

 

Testo previgente Testo modificato
1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga. 1. Costituisce discriminazione diretta, ai sensi del presente titolo, qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, nonché l’ordine di porre in essere un atto o un comportamento, che produca un effetto pregiudizievole discriminando le candidate e i candidati, in fase di selezione del personale, le lavoratrici o i lavoratori in ragione del loro sesso e, comunque, il trattamento meno favorevole rispetto a quello di un’altra lavoratrice o di un altro lavoratore in situazione analoga.
2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri mettono o possono mettere i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari. 2. Si ha discriminazione indiretta, ai sensi del presente titolo, quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento, compresi quelli di natura organizzativa o incidenti sull’orario di lavoro, apparentemente neutri mettono o possono mettere i candidati in fase di selezione e i lavoratori di un determinato sesso in una posizione di particolare svantaggio rispetto a lavoratori dell’altro sesso, salvo che riguardino requisiti essenziali allo svolgimento dell’attività lavorativa, purché l’obiettivo sia legittimo e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.
2-bis. Costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo, ogni trattamento meno favorevole in ragione dello stato di gravidanza, nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti. 2-bis. Costituisce discriminazione, ai sensi del presente titolo, ogni trattamento o modifica dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro che, in ragione del sesso, dell’età anagrafica, delle esigenze di cura personale o familiare, dello stato di gravidanza nonché di maternità o paternità, anche adottive, ovvero in ragione della titolarità e dell’esercizio dei relativi diritti, pone o può porre il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:
a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
c) limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

Nonostante possano, a prima vista, rappresentare modifiche di portata limitata, è evidente, al contrario, l’interesse del legislatore di ampliare la nozione di discriminazione nei luoghi di lavoro.

Con la nuova norma, infatti, costituisce discriminazione diretta qualsiasi disposizione, criterio, prassi, atto, patto o comportamento, che produca un effetto pregiudizievole e discriminatorio a detrimento di un sesso o di un altro. Riguarda non solo i lavoratori e le lavoratrici già presenti nella struttura aziendale, ma anche i candidati e le candidate in fase di selezione del personale, cioè potenzialmente a rischio di eventuali possibili discriminazioni per l’accesso al pubblico impiego (e/o avanzamento di carriera).

La legge amplia anche i casi di discriminazione indiretta, aggiungendo due fattispecie importanti:

  • le disposizioni di natura organizzativa;
  • le disposizioni incidenti sull’orario di lavoro;

che, modificando l’organizzazione delle condizioni e il tempo del lavoro, possono discriminare non solo i dipendenti già assunti, ma anche i candidati in fase di selezione.

Risulta riscritto il comma 2-bis che estende la discriminazione anche alle modifiche dell’organizzazione delle condizioni e dei tempi di lavoro, nonché ai trattamenti che possono generare situazioni di svantaggio in relazione al sesso e all’età anagrafica (e non solo allo stato di gravidanza o di maternità e paternità, anche adottive, come precedentemente disciplinato). Tale discriminazione ricorre, però, solo quando pone il lavoratore in almeno una delle seguenti condizioni:
a) posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori;
b) limitazione delle opportunità di partecipazione alla vita o alle scelte aziendali;
c) limitazione dell’accesso ai meccanismi di avanzamento e di progressione nella carriera.

 

3. Due esempi

Nell’attesa di scoprire come la giurisprudenza recepirà la novità in materia, di seguito due esempi sulla tematica della discriminazione di cui all’art. 25 in esame.

Secondo la sentenza n. 5476 del 26.02.2021 della Corte di Cassazione costituisce una discriminazione basata sul sesso l’omessa proroga di un rapporto di lavoro a tempo determinato di una lavoratrice in stato di gravidanza, diversamente da quanto accaduto ad altri colleghi.
Nell’accogliere il ricorso la Corte precisa che: “Quel che rileva, dunque, è che, in presenza di situazioni analoghe, sia stato posto in essere un atto o un comportamento pregiudizievole e comunque sia stato attribuito un trattamento meno favorevole ad una lavoratrice in ragione del suo stato di gravidanza.
Così il mancato rinnovo di un contratto a termine ad una lavoratrice che si trovava in stato di gravidanza ben può integrare una discriminazione basata sul sesso, atteso che a parità della situazione lavorativa della medesima rispetto ad altri lavoratori e delle esigenze di rinnovo da parte della p.a. anche con riguardo alla prestazione del contratto in scadenza della suddetta lavoratrice, esigenze manifestate attraverso il mantenimento in servizio degli altri lavoratori con contratti analoghi, ben può essere significativo del fatto che le sia stato riservato un trattamento meno favorevole in ragione del suo stato di gravidanza.

Non è, invece, discriminazione indiretta secondo il Consiglio di Stato nella sentenza n. 2754/2010, richiedere in un bando di concorso per la copertura di posti di Agente della Polizia Municipale il possesso della patente A. Detto requisito di partecipazione risulta strumentale al perseguimento di interessi pubblici non suscettibili di essere appagati con idonei mezzi alternativi. La decisione riforma la pronuncia del TAR Sardegna che, al contrario, aveva riconosciuto la discriminazione indiretta a danno delle candidate.

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