Riaccertamento ordinario: la corretta gestione dei residui attivi secondo la Corte dei conti

Varie sezioni regionali della Corte dei conti sono intervenute di recente sul tema del mantenimento o meno dei residui attivi nel conto del bilancio, attività fondamentale del riaccertamento ordinario ex art. 228 del Tuel. Fra queste, la sezione per l’Emilia Romagna, con deliberazione n. 182/2023/PRSE, evidenzia che, qualora l’ente locale decida di mantenerli nel conto del bilancio, oltre alla perdurante esistenza degli elementi essenziali dell’accertamento dell’entrata (ragione del credito, sussistenza di un idoneo titolo giuridico, quantificazione della somma da incassare, individuazione del debitore e scadenza del credito), esso deve verificare anche l’effettiva esigibilità del credito riguardante le condizioni di insolvibilità del debitore che devono essere illustrate e motivate nella relazione al rendiconto. Ove risulti che il credito, di fatto, non sia più esigibile, lo stesso deve essere stralciato dal conto del bilancio e mantenuto nel solo conto del patrimonio, tra le immobilizzazioni finanziarie, fino al compimento del termine prescrizionale (art. 230 del Tuel, ripreso dal punto n. 49 del principio contabile n. 3 dell’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali), al cui compimento deve essere eliminato anche da tale conto, con contestuale riduzione del patrimonio.

Il punto 9.1 dell’allegato n.4/2 al d.lgs. n. 118/2011, dispone poi che il responsabile di servizio competente alla gestione dell’entrata (ovvero: colui al quale i capitoli di PEG sono affidati dalla giunta), trascorsi tre anni dalla scadenza di un credito di dubbia e difficile esazione non riscosso, valuta se procedere al suo stralcio dal conto del bilancio, riducendo di pari importo il FCDE accantonato nel risultato di amministrazione. In tale occasione, ai fini della contabilità economico patrimoniale, il responsabile finanziario valuta la necessità di adeguare il fondo svalutazione crediti accantonato in contabilità economico patrimoniale (che pertanto può presentare un importo maggiore della quota accantonata nel risultato di amministrazione) e di riclassificare il credito nello stato patrimoniale. Ciò assicura la rappresentazione di un risultato depurato dai rischi di mancata riscossione dei residui attivi nei limiti dell’effettiva consistenza reale e riduce la probabilità di dover fare ricorso all’anticipazione di tesoreria. Si badi bene agli attori coinvolti in questo processo: il singolo responsabile di servizio decide se mantenere o stralciare il residuoin caso di stralcio, il responsabile finanziario adegua (eventualmente) il fondo svalutazione crediti a seguito della decisione presa dal responsabile competente. Ecco perché è opportuno che ogni responsabile di servizio adotti una determinazione di riaccertamento dei propri residui che troverà sintesi nella deliberazione di giunta assunta ex art. 228 del Tuel.

Sullo stesso tema, la sezione Lombardia, con deliberazione n. 60/2021/PRSE aveva già evidenziato che “il mantenimento [dei residui] più risalenti, anche oltre il termine ordinario di prescrizione, costituisce un’evenienza eccezionale, che deve essere oggetto di adeguata ponderazione da parte dell’ente”. E nel compiere tale valutazione, l’ente “non può limitarsi a verificare che continui a sussistere il titolo giuridico del credito, l’esistenza del debitore e la quantificazione del credito, ma deve anche verificare l’effettiva riscuotibilità dello stesso e le ragioni per le quali non è stato riscosso in precedenza”. Sicché, laddove riscontri che, di fatto, il credito non ha più alcuna probabilità di essere (quantomeno entro termini ragionevoli) riscosso o, comunque, tali possibilità appaiano particolarmente remote o inverosimili, tale credito “deve essere stralciato dal conto dei residui e inserito nel conto del patrimonio (…)”.

Qui la deliberazione della sezione Emilia-Romagna n.182/2023/PRSE

Qui la deliberazione della sezione Lombardia n.60/2021/PRSE

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