Domanda

Nel caso di un servizio biennale, eventualmente rinnovabile, con previsione nella lex specialis del quinto d’obbligo di cui all’art. 106, co. 12, del codice, è necessario considerare il 20% nella determinazione del valore ai fini della richiesta del CIG?

 

Risposta

Il TAR Milano nella sentenza n. 284 del 10.02.2020, diversamente dai giudici campani (TAR Napoli, sentenza n. 5380/2018), da una lettura dell’art. 106, co. 12, del codice, in linea con la posizione assunta da ANAC nella relazione AIR al bando tipo n. 1/2017. L’art. 106, co. 12, testualmente recita “La stazione appaltante, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell’importo del contratto, può imporre all’appaltatore l’esecuzione delle stesse condizioni previste nel contratto originario. In tal caso l’appaltatore non può far valere il diritto alla risoluzione del contratto”.

Secondo i giudici lombardi tale noma definisce il c.d. “quinto obbligo” come una prestazione aggiuntiva rispetto al contratto originario, che costituisce una sopravvenienza. Essa quindi si sottrae alla previsione dell’art. 35, co. 4 [1], del codice dei contratti, il quale fa riferimento a clausole già previste al momento della predisposizione degli atti di gara, ed in questa in sede inserite per effetto di una scelta discrezionale della stazione appaltate, ma rimesse, nella loro concreta applicazione ad una successiva valutazione facoltativa dell’amministrazione.

Ricostruzione che, secondo i magistrati, trova conferma nella collocazione del c.d. quinto d’obbligo nelle modifiche contrattuali, oggetto di variante, quale diritto potestativo che ha fonte legale e non negoziale, che si innesta ab externo nel contratto il cui valore può essere ridotto o incrementato per effetto di scelte operate solo ex post dalla stazione appaltante.

Proseguono affermando che nessuna norma del codice, e tantomeno l’art. 106, co. 12, stabilisce che il “quinto d’obbligo” assuma rilevanza in ordine alla determinazione del valore della gara. Si tratta infatti di un meccanismo che opera ex lege, indipendentemente dal mero richiamo o meno nella lex specialis di gara, che non presentando il carattere dell’opzione non incide sul valore complessivo dell’appalto, e non deve necessariamente rientrare ai fini della richiesta del CIG.

Queste considerazioni tuttavia non precludono, la possibilità di riportare all’interno del bando il quinto come opzione, oppure una percentuale superiore, ai sensi della lettera a) dell’art. 106 del codice, e quindi mediante una clausola chiara, precisa e inequivocabile. Operazione che ci permette di avere un CIG capiente ed evitare i ben noti problemi di sforamento del valore in caso di rendicontazione.

[1]  Il calcolo del valore stimato di un appalto pubblico di lavori, servizi e forniture è basato sull’importo totale pagabile, al netto dell’IVA, valutato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore. Il calcolo tiene conto dell’importo massimo stimato, ivi compresa qualsiasi forma di eventuali opzioni o rinnovi del contratto esplicitamente stabiliti nei documenti di gara. Quando l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore prevedono premi o pagamenti per i candidati o gli offerenti, ne tengono conto nel calcolo del valore stimato dell’appalto.

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