Domanda

La Commissione giudicatrice di un concorso tenuto nel nostro ente, ha fatto firmare a ciascun candidato con il proprio nome e cognome, l’elaborato con i quiz, riferiti alla prima prova scritta. La motivazione addotta dal Presidente è che non esiste margine di discrezionalità nella correzione degli elaborati. Dovendo approvare i verbali e la graduatoria finale ci si chiede se tale comportamento sia conforme alle vigenti disposizioni in materia.

 

Risposta

In materia di garanzia dell’anonimato dei candidati nelle prove nei concorsi pubblici e nelle pubbliche selezioni di stampo comparativo, in prima istanza, occorre tenere in considerazione l’articolo 14, del DPR 9 maggio 1994, n. 487, rubricato “Adempimenti dei concorrenti e della commissione al termine delle prove scritte”, nel quale, al comma 6, viene espressamente previsto che: “Il riconoscimento deve essere fatto a conclusione  dell’esame  e del giudizio di tutti gli elaborati dei candidati”.

In seconda istanza vanno verificate le norme che sono riportate nel vostro regolamento per la disciplina delle modalità di assunzione agli impieghi (cd: regolamento concorsi). Da un rapido controllo effettuato nel sito web del vostro comune è risultato che in due articoli (Svolgimento delle prove scritte – Valutazione delle prove scritte) viene previsto un sistema di garanzia dell’anonimato dei singoli candidati che obbliga la Commissione ad esaminare gli elaborati ed esprimere la conseguente votazione, senza conoscere le generalità dei partecipanti al concorso. Ciò vale anche per le prove scritte svolte in forma di quiz a risposta multipla. Al riguardo si ricorda che la Commissione giudicatrice deve muoversi nell’ambito delle disposizioni contenute nel vigente regolamento dei concorsi e nel bando di concorso (lex specialis ).

Ciò detto, si segnala che, anche il Consiglio di Stato, in adunanza Plenaria, con sentenza 20 novembre 2013, n. 26, ha espresso la seguente massima:

  1. Nelle prove scritte dei pubblici concorsi o delle pubbliche selezioni di stampo comparativo una violazione non irrilevante della regola dell’anonimato da parte della Commissione determina de iure la radicale invalidità della graduatoria finale, senza necessità di accertare in concreto l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.
  2. Il criterio dell’anonimato nelle prove scritte delle procedure di concorso – nonché in generale in tutte le pubbliche selezioni – costituisce il diretto portato del principio costituzionale di uguaglianza nonché specialmente di quelli del buon andamento e dell’imparzialità della pubblica amministrazione, la quale deve operare le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a rischi di condizionamenti esterni e dunque garantendo la par condicio tra i candidati. Tale criterio, costituendo appunto applicazione di precetti costituzionali, assume una valenza generale ed incondizionata, mirando esso in sostanza ad assicurare la piena trasparenza di ogni pubblica procedura selettiva e costituendone uno dei cardini portanti.
  3. Mutuando la terminologia penalistica, può affermarsi che la violazione dell’anonimato da parte della Commissione nei pubblici concorsi comporta una illegittimità da pericolo c.d. astratto e cioè un vizio derivante da una violazione della presupposta norma d’azione irrimediabilmente sanzionato dall’ordinamento in via presuntiva, senza necessità di accertare l’effettiva lesione dell’imparzialità in sede di correzione.

Tale orientamento è stato poi confermato sempre dal Consiglio di Stato, Sezione IV, 28 settembre 2018, n. 5571, relativamente al caso dell’erronea apertura della busta con le generalità della corsista, prima della valutazione della prova della medesima.

A completamento informativo, si riporta che il TAR Lombardia-Brescia, con la sentenza n. 1331 del 2015, ha stabilito che – per una prova di preselezione svolta a quiz – poteva essere derogata la regola dell’anonimato dei candidati dal momento che non si trattava di una selezione comparativa, ma l’esito di una fase anteriore ad essa e cioè di una prova volta ad accertare un livello minimo di preparazione dei candidati, attraverso la verifica del raggiungimento di un punteggio minimo nella somministrazione di un quiz a risposta multipla, senza che il punteggio conseguito in tale prova vada poi a fare media con quello ottenuto nelle reali prove di concorso. In senso sostanzialmente analogo si è espressa anche la sentenza del TAR Basilicata n. 393/2015.

Sullo stesso argomento, però, si segnala la sentenza 15 ottobre 2015, n. 2183 della sezione III del TAR Milano, che, all’opposto di quelle sopra citate, accoglie un ricorso nel quale si contestava – proprio come nei casi prospettati dal Consiglio di Stato – la violazione della regola dell’anonimato in un quiz a risposta multipla. Secondo i giudici della Sezione III, il principio dell’anonimato va garantito anche nelle prove come i quiz a risposta multipla, non rilevando l’assenza di discrezionalità nelle modalità di correzione della prova, “atteso che tali modalità non consentono di escludere la possibilità che soggetti diversi dal candidato, resi edotti del nominativo del candidato apposto in testa all’elaborato, abbiano provveduto a riempire una o più domande lasciate in bianco”.

Sempre sulla questione in trattazione è importante valutare anche cosa si è previsto nel Piano Triennale per la Prevenzione della Corruzione e Trasparenza (PTPCT) dal momento che l’acquisizione e progressione del personale, rappresenta una delle aree di rischio “generali” per le quali necessita mappare i processi a rischio e individuare idonee misure di prevenzione, nell’ambito del Piano. Proprio sull’argomento, di recente, è intervenuta anche l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) la quale con la delibera n. 592 del 8 luglio 2020, a seguito di una segnalazione relativa a irregolarità concernenti una procedura di selezione per assunzioni a tempo determinato di addetti della Polizia locale, ha stabilito che: Le pubbliche amministrazioni devono introdurre, nel proprio PTPCT, un’apposita regolamentazione dello svolgimento delle fasi delle procedure di reclutamento del personale, con particolare attenzione all’applicabilità della regola dell’anonimato alla correzione degli elaborati, avuto riguardo alle specifiche modalità della prova ed al margine di discrezionalità di cui la Commissione dispone.

Per quanto sopra, rispondendo al quesito, si nutrono forti perplessità circa le procedure seguite dalla Commissione giudicatrice, soprattutto con riferimento alle norme inserite nel regolamento dei concorsi, a cui la Commissione deve scrupolosamente attenersi.

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