Domanda

Siamo in fase di stesura del nuovo PTPCT; potreste darci qualche idea su come poter disciplinare i controlli circa eventuali conflitti di interessi in cui possano trovarsi i nostri dipendenti, per relazioni di parentela o affinità con soggetti esterni all’amministrazione?

Risposta

L’art. 1, comma 9, lettera e), della legge 6 novembre 2012, n. 190, stabilisce che il Piano triennale di prevenzione della corruzione e della trasparenza delle amministrazioni, deve rispondere, fra le varie esigenze, anche a quella di «definire le modalità di monitoraggio dei rapporti tra l’amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell’amministrazione».

La verifica sula sussistenza di relazioni civilistiche tra gli organi, o anche solo dei dipendenti, delle P.A. e dei soggetti beneficiari degli atti e dei provvedimenti sopra citati costituisce, quindi, una delle forme di accertamento di eventuali situazioni di conflitto di interesse, sintomatiche di una potenziale distorsione dell’attività amministrativa.

È auspicabile, pertanto, che i singoli PTPCT contengano una procedura specifica che disciplini compiti, modalità e tempi del monitoraggio. Sul punto l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), nel silenzio di norme e regolamenti di dettaglio, si è espressa (orientamento n. 110 del 4 novembre 2014 e parere del 18 febbraio 2015 reso all’Avvocatura generale dello Stato) affermando che le amministrazioni hanno la facoltà di chiedere, anche ai soggetti con i quali sono stati stipulati contratti o che risultano interessati dai suddetti procedimenti, una dichiarazione in cui si attesti l’inesistenza di rapporti di parentela o affinità con funzionari o dipendenti della p.a.; ricadendo, poi, sulle stesse, il compito di verificare la sussistenza di situazioni di conflitto di interesse ed, eventualmente, di adottare i necessari provvedimenti per rimuoverla.

La dichiarazione, in ossequio alle disposizioni della legge 190/2012 e del Piano Nazionale Anticorruzione 2013 – e successivi aggiornamenti – potrebbe essere richiesta per le fattispecie negoziali o provvedimentali rientranti nelle seguenti aree a rischio:

  • scelta del contraente per l’affidamento di lavori, servizi e forniture di beni;
  • autorizzazioni e concessione;
  • concessione di contributi, sussidi e vantaggi economici;
  • altre fattispecie ad elevato rischio corruttivo previste nel PTPCT.

Non essendo state previste modalità di verifica né dalla legislatore, né da ANAC, si deduce che rientri nella discrezionalità delle amministrazioni vigilare sulla fondatezza delle dichiarazioni ricevute, attraverso richieste di informazioni, certificazioni da parte di altre amministrazioni, accesso ad archivi pubblici.

Di tale funzione, potrebbero essere investiti i Dirigenti (o comunque i responsabili degli uffici/settori dell’amministrazione), chiamati a monitorare in stretta collaborazione con il Responsabile per la prevenzione della corruzione e della trasparenza, le eventuali situazioni che possano coinvolgere il personale incaricato.

La procedura del PTPCT potrebbe, altresì, prevedere, che i Dirigenti, trasmettano annualmente al RPCT una relazione concernente l’esito delle suesposte verifiche – nel rispetto delle norme che tutelano la riservatezza dei dati personali dei soggetti coinvolti – evidenziando le possibili situazioni di conflitto e le relative ipotesi di soluzione da concordare con il Responsabile medesimo; ciò anche al fine di consentire a quest’ultimo di avere ulteriori dati per eventuali modifiche ed integrazioni da apportare alle misure di prevenzione previste, in materia, all’interno del Piano.

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